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Il food delivery: un'idea promettente per investire?

Paolo Bascelli, Milano, 27/01/2021

L’ideogramma cinese che indica la parola “crisi” è composto da due sillabe “wei” e “ji” che significano rispettivamente “pericolo” e “momento cruciale” (non “opportunità” come spesso si sente dire, anche se in senso lato un momento cruciale può celare al suo interno un’opportunità). La pandemia da COVID – 19, in questo senso, sicuramente sta avendo ricadute pesanti sull’economia reale (“wei” ossia il pericolo), colpendo duramente diversi business e tra questi è sicuramente da annoverare la ristorazione. Tuttavia, le restrizioni imposte, potrebbero dare una spinta ulteriore a trend in sviluppo già da qualche anno come quello del food delivery (“ji” ossia il momento cruciale). In questo articolo ci concentreremo sul retail food delivery, intendendo quindi l’ecosistema che sta dietro la consegna, ai consumatori finali, sia di cibi pronti sia di veri e propri kit costituiti da ingredienti pre selezionati accompagnati da una o più ricette per la realizzazione di pietanze.

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I ricavi nel settore del food delivery online, che comprende sia il segmento della consegna al consumatore finale a partire da una piattaforma che riceve l’ordine (si pensi per esempio a piattaforme come Glovo, Deliveroo, Foodora, Just Eat Takeaway, Uber Eats), sia il segmento della consegna al consumatore finale da parte dei singoli ristoranti, pub, fast food, dovrebbero raggiungere la cifra di 151'526 milioni di dollari nel 2021. Secondo le stime più recenti il tasso di crescita annuo composto dei ricavi nel periodo 2021-2024 dovrebbe essere pari al 6,4% e raggiungere la cifra di 182'327 milioni di dollari di ricavi nel 2024. L’area geografica che genererà la porzione maggiore dei ricavi del settore sarà la Cina (56'936 milioni di dollari di ricavi nel 2021). Dei due segmenti sopracitati, quello con le migliori prospettive di crescita è il Platform-to-Delivery: nello specifico il tasso di crescita annuo composto dei ricavi nel periodo 2021-2024 dovrebbe attestarsi sul 6,8% contro il 5,8% di quello stimato per il segmento Restaurant-to-Delivery.

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Le restrizioni legate al COVID-19 hanno dato notevole impulso allo sviluppo del delivery sia lato offerta stimolando un numero sempre maggiore di esercizi di ristorazione a rivolgersi a piattaforme per la ricezione e gestione delle consegne, sia lato domanda, con i consumatori che possono godere di una sempre maggiore varietà di scelta in termini di menù e di brand. Inoltre, un nuovissimo trend che sta contribuendo ulteriormente alla crescita del delivery è legato alla nascita delle dark, delle ghost e delle cloud kitchen.

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Le dark kitchen sono laboratori di cucina in cui un ristoratore, che già possiede un locale proprio e una propria insegna, prepara piatti da consegnare e poi si avvale della collaborazione di piattaforme di delivery per la consegna, creando un nuovo brand rispetto a quello di cui è già titolare, con la caratteristica che tale brand è virtuale. Le ghost kitchen funzionano invece in un modo leggermente diverso: in questo caso si ha un solo ristoratore, un solo laboratorio da cucina ma più brand virtuali che realizzano le proprie specifiche pietanze e poi si avvalgono delle piattaforme di delivery per effettuare le consegne ai clienti finali. Sia la prima che la seconda tipologia di laboratori-cucina si rivelano utili per testare l’interesse dei potenziali clienti in aree geografiche diverse e in termini di gusto, anche al fine di rivedere la strategia del punto di ristorazione fisico già esistente. La terza tipologia invece, quella delle cloud kitchen, funziona in un modo simile agli spazi di coworking: un imprenditore, che può essere anche un ristoratore, ma non necessariamente, apre uno spazio-cucina suddiviso in tante postazioni già allestite. Chi vuole mettere in piedi un piccolo business di ristorazione e non vuole o non può permettersi i costi avviamento di un’attività di ristorazione di stampo “classico”, può affittare una postazione e iniziare a preparare le proprie specialità e a consegnare attraverso le piattaforme di delivery.

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Il futuro per il settore del retail food delivery sembra quindi roseo, ma è davvero così?

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Le criticità purtroppo sono molteplici. È vero che le restizioni hanno accelerato il processo di acquisizione del canale di vendita tramite le piattaforme di food delivery, incrementando le possibilità dei ristoratori di raggiungere con la propria attività nuove fasce di utenza, nuove aree e di incrementare i potenziali profitti ma nel concreto, al momento, il nuovo canale di vendita tramite il delivery sta avendo un effetto placebo che ha lo scopo solo di ritardare l’inevitabile: i costi di gestione non sono minimamente coperti dagli introiti derivanti dalle sole consegne a domicilio (non potendo ricevere fisicamente i clienti in sala) e le ripercussioni sul settore della ristorazione sono davvero durissime. Anche la sempre maggior adozione della modalità di lavoro in smart working, in prospettiva, penalizza le attività che contavano sulla fidelizzazione dei clienti specialmente per quanto riguarda le pause pranzo. Le piattaforme di delivery che devono affrontare una competizione notevole tra loro, ingaggiando una guerra spietata imperniata sulla competitività dei prezzi, con margini di guadagno risicatissimi ed arrivando spesso anche a subire perdite sui singoli ordini pur di fare numeri, non hanno alcuna possibilità, data la condizione del settore ristorazione esposta in precedenza, di richiedere margini superiori ai ristoratori cui offrono i loro servizi.

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Un’altra condizione sfavorevole all’investimento in società di food delivery è rappresentata dalla scarsa fidelizzazione della clientela da parte delle piattaforme di delivery e della scarsa stabilità in generale del business che è caratterizzato non tanto da caratteristiche uniche del servizio (come comodità dell’utilizzo dell’app, o disponibilità in esclusiva di specifici brand su determinate app di delivery, per fare solo due esempi), quanto dal fatto che siano presenti sconti o promozioni.

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Un ulteriore aspetto meritevole di considerazione è costituito dal sempre maggiore e giustificato interesse da parte del legislatore, ma anche delle associazioni sindacali, di tutela delle nuove categorie di lavoratori nate dal food delivery: i rider. Lo sviluppo di un quadro normativo che salvaguardi queste nuove figure, prevenendone lo sfruttamento e garantendo degli standard minimi di retribuzione, è ovviamente molto positivo ed auspicabile, tuttavia, nel breve periodo, avrà come effetto principale quello di acuire la pressione sulle società di food delivery e di comprimere ed annullare i margini di guadagno, minandone seriamente la profittabilità.

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Pertanto date le criticità sopra descritte e data anche la mancanza di strumenti come ETF tematici che consentano di investire in questo settore con un’opportuna diversificazione del rischio, si consiglia di rimanere vigili su quanto avviene, ma di considerare altre idee a fini di investimento.

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Disclaimer: Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Il presente articolo non costituisce né un invito né una sollecitazione all’investimento. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società e gli enti di ricerca menzionati.

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Nota bene: le azioni sono uno strumento altamente volatile, pertanto la quota posseduta di tale strumento all’interno del portafoglio deve essere coerente con la propensione al rischio dell’investitore. È consigliabile affidarsi ad un professionista in grado di gestire il rischio in modo efficiente.

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