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I mercati finanziari sono efficienti?

Paolo Bascelli, Milano, 27/05/2020

Esiste una vastissima letteratura riguardo questo tema, su cui si sono dibattute generazioni e generazioni di economisti, ognuno con il proprio schieramento. Cosa si intende però per studio dell’efficienza dei mercati finanziari? Altro non è che l’analisi dei meccanismi di formazione e di adattamento dei prezzi delle attività finanziarie in relazione alle informazioni a disposizione dei soggetti economici. Sebbene come si sia detto, esistano tantissimi studi diversi a riguardo, esistono due teorie principali sull’efficienza o meno dei mercati finanziari: quella formalizzata da Eugene Fama nel 1970 e quella della “passeggiata casuale” (in inglese “random walk), resa popolare da Burton Malkiel nel suo bestseller “A spasso per Wall Street” del 1973.

Secondo Fama esistono tre diversi gradi di efficienza dei mercati: in forma debole, se i prezzi incorporano tutte le informazioni contenute nelle serie storiche dei prezzi; in forma semi-forte, se i prezzi incorporano tutte le informazioni contenute nelle serie storiche dei prezzi e tutti i dati aggiuntivi provenienti da notizie di dominio pubblico; in forma forte, se i prezzi incorporano tutte le informazioni contenute nelle serie storiche dei prezzi, nelle notizie di dominio pubblico e nelle notizie disponibili solo in forma privilegiata (per esempio essere a conoscenza dello sviluppo di brevetti o di un’operazione di acquisizione ostile che avverrà in futuro). L’efficienza in una qualsiasi di queste forme significherebbe che nessuno può “battere il mercato” o conseguire rendimenti positivi anomali sulla base delle informazioni che sono perfettamente riflesse nei prezzi secondo il grado di efficienza precedentemente delineato. L’evidenza empirica, ad oggi, suggerisce che i mercati non sono efficienti in nessuna di queste forme, tuttavia ciò non significa automaticamente che esistano metodi sicuri e certi per conseguire rendimenti positivi sempre ed in ogni caso.

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La teoria della passeggiata casuale, resa nota al grande pubblico da Burton Malkiel, afferma che i prezzi delle attività finanziarie siano totalmente imprevedibili nel breve periodo e indipendenti da ciò che avvenuto in passato, sottintendendo che i mercati finanziari siano, in questo senso, efficienti (forzatamente si potrebbe considerare la teoria della passeggiata casuale simile all’efficienza in forma debole descritta da Fama, sebbene l’approccio teorico sia differente). Anche in questo caso, l’evidenza nega la validità di questa teoria, basti pensare semplicemente ai meccanismi di formazione ed esplosione delle bolle speculative, in cui sono riscontrabili dei trend perfettamente riconoscibili (fase rialzista, scoppio e fase ribassista).

 

Riassumendo: non esistono prove di efficienza dei mercati, ma ciò non significa nemmeno che i mercati siano in qualche modo prevedibili e che sia possibile porre in atto strategie che consentano di trarre beneficio regolarmente dall’inefficienza dei meccanismi di formazione dei prezzi.

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Come si può agire in un contesto così incerto, diminuendo sia il rischio legato all’investimento finanziario sia aumentando le probabilità di base, a parità di tutte le altre condizioni, di ottenere rendimenti positivi (dove per positivo si intende semplicemente maggiore di zero)? Tramite la diversificazione.
Un portafoglio finanziario ben diversificato per asset class, per tipologia di strumento, geograficamente, per valuta, per settore (l’elenco non è in ordine di priorità o di importanza) consente, se fatta non in modo casuale, di migliorare notevolmente le nostre possibilità di effettuare investimenti profittevoli, abbattendo significativamente uno dei principali rischi legati al mondo dell’investimento. Se si deve infatti valutare il rischio di un portafoglio finanziario, in modo generico, sono riscontrabili due diverse componenti: una che prende il nome di rischio sistematico, detta anche rischio di mercato, insita nel sistema finanziario e non eliminabile ed un’altra che prende il nome di rischio specifico, insita nell’investimento nel singolo titolo ed eliminabile (fig.1).

Fig.1: rappresentazione grafica delle componenti di rischio sistematico e specifico di un portafoglio finanziario composto da n-titoli.

Essere consapevoli dei benefici derivanti dal detenere un portafoglio di attività finanziarie ben diversificato rappresenta sicuramente un vantaggio competitivo rispetto a chi ignora tale fondamentale ed imprescindibile principio. Un altro step da compiere è però capire meglio noi stessi e prendere atto di come funzionano i nostri meccanismi di pensiero. Un aiuto in questo senso viene fornito dalla finanza comportamentale, che fornisce una sorta di linea guida attendibile, basata su risultati matematici ed evidenze empiriche. Noi soggetti economici infatti, non ci comportiamo praticamente mai in modo perfettamente razionale o normativo, o come si suole dire in ambito accademico, da perfetti consumatori ed investitori che massimizzano la loro utilità attesa. Ogni giorno siamo vittime inconsapevoli di trappole cognitive (in inglese cognitive bias) che non ci consentono di prendere le migliori decisioni poiché preda delle emozioni e di un sistema cognitivo che predilige “ragionare” per semplificazioni e similitudini. Diventare consci di questi limiti consentirà di gestirli ed effettuare scelte razionali in grado di migliorare ogni aspetto della nostra vita, tra cui quello di essere investitori migliori e soprattutto consapevoli.

 

Disclaimer: Questo articolo è frutto delle opinioni di chi lo ha redatto e supervisionato. Nessun compenso viene ricevuto per l’espressione di queste opinioni. 

Si dichiara inoltre di non avere alcun rapporto commerciale con le società, le persone e gli enti di ricerca menzionati in questo articolo.

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